di Cristiano Toni

Dopo anni passati a sporcarmi le mani (insieme a @chiaralaurora) su progetti di web listening (o ascolto della rete) provo un certo fastidio quando questo tipo di analisi viene associata alla sola misurazione della brand reputation. Non perché misurare la brand reputation non sia importante ma perché trovo semplicemente limitativo, rispetto al patrimonio informativo che la rete può mettere a disposizione, che il tutto si traduca nei casi peggiori in “parlano bene del mio brand” (o viceversa) e nei casi migliori in una misura di Net Promoter Score. Molteplici sono infatti i desideri informativi che possono essere soddisfatti e non tutti legati ad un brand o ad un prodotto.

 

 

Se vincolassimo l’ascolto delle rete alle sole chiavi di ricerca che identificano un brand rischieremmo infatti di perderci indicazioni e suggerimenti alcune volte più strategici delle solo “recensioni” di prodotto. Ci sono poi mercati in cui queste recensioni non sono presenti, e allora che facciamo? Rinunciamo ad una analisi di web listening? Perché ignorare tutto il resto del patrimonio informativo presente in rete? Mi spiego meglio con un esempio, che nelle giornate di formazione definisco “il mio cavallo di battaglia”.
Anni fa un nostro affezionato cliente del mondo dell’automotive ci chiese di ascoltare la rete per capire quale era la reputazione dei suoi prodotti (gomme per camion). “Vorrei capire se ho una buona reputazione!” questa fu in stringata sintesi il brief ricevuto. Premesso che il progetto fu esteso anche ai competitor (non fate mai l’errore di essere egocentrici in questo tipo di analisi) quello che scoprimmo fu il nulla! (vero @delpreteg?).
In pratica non erano presenti in rete in lingua italiana un numero statisticamente significativo di conversazioni che riguardavano le principali marche di pneumatici per autotrasporti. Le conclusioni che si potevano trarre dai risultati potevano essere quindi fuorvianti. Ad esempio si poteva pensare che i canali digitali fossero (almeno) prematuri per relazionarsi con i clienti perché non venivano utilizzati dagli stessi (semplificando: i camionisti non usano i social). Per confutare questa ipotesi fu allargato il progetto di web listening a quello che definisco il contesto libero dai brand. In pratica si cercò di individuare le (web) community di camionisti e ascoltare quale tipo di conversazioni si sviluppavano in esse, quale tipo di contenuti veniva prodotto, il linguaggio utilizzato, i temi di maggior interesse, le necessità ed i desideri….temi, stile di comunicazione, le (web) community e la loro audience sono tutte indicazioni che possono emergere da una attività di web listening che possono accompagnare metriche di Brand Reputation ma anche rappresentare il cuore informativo dell’analisi.

 

Basta solo immaginare quali indicazioni strategiche sono in grado di fornire ad una azienda per sviluppare campagne di comunicazione ma anche nuovi prodotti da presentare al mercato oltre che fornire i temi più caldi per ingaggiare il proprio potenziale mercato di riferimento. In conclusione quando vi avvicinerete ad una analisi di web listening non scordate ma di monitorare i vostri brand e quelli dei vostri competitor ma anche il contesto di mercato in cui operate sia esso quello dei pneumatici per camion o quello delle bibite per i bambini…

 

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